“Non mi hai mai chiesto cosa ne penso,” rispose Mara, cercando di mantenere la calma. Si girò verso la finestra, guardando i campi dorati che si estendevano fino all’orizzonte. – RiVero

“Non mi hai mai chiesto cosa ne penso,” rispose Mara, cercando di mantenere la calma. Si girò verso la finestra, guardando i campi dorati che si estendevano fino all’orizzonte.

“Domani verranno a vedere la tua casa di campagna. La stiamo vendendo,” disse la suocera, come se fosse di sua proprietà. La voce di Elvira aveva il tono asciutto di chi non si aspetta una risposta, eppure, tra le parole, c’era una freddezza che Mara non riusciva a ignorare.

Mara si fermò nel bel mezzo della cucina, le mani ancora bagnate dalla farina. La casa di campagna non era solo un luogo. Era un rifugio di ricordi, il posto dove aveva incontrato Andrea per la prima volta, dove avevano festeggiato il loro matrimonio sotto il cielo stellato. Ma quella casa, per la suocera, sembrava non essere altro che un pezzo di mobilio da vendere quando non serviva più.

“Non mi hai mai chiesto cosa ne penso,” rispose Mara, cercando di mantenere la calma. Si girò verso la finestra, guardando i campi dorati che si estendevano fino all’orizzonte.

Elvira alzò una mano con sufficienza. “Non è che ci sia molto da discutere, cara. Il mercato è favorevole e la casa è troppo grande per due persone. Andrea non ha nemmeno più voglia di passarci il fine settimana.”

Mara sentì il suo cuore battere più forte. Andrea. Il suo amato Andrea che, dopo la morte di sua madre, sembrava essersi completamente allontanato da lei e da quella casa. Ma non era solo una casa. Era il loro passato. Era la loro vita.

“Ma io voglio rimanerci,” disse Mara con voce ferma. “Non siamo obbligati a venderla, possiamo farla diventare il nostro rifugio. Potremmo rinnovarla, fare dei lavori, viverci di nuovo come una volta.”

Elvira non rispose subito, ma il suo sguardo diventò gelido. “Non ha senso, Mara. Andrea non ti ha mai detto nulla al riguardo? Io ti dico che la venderemo. E basta.”

Il giorno dopo, quando i potenziali acquirenti arrivarono, Mara si trovò a vagare per la casa, tra stanze che sembravano conoscerla meglio di quanto lei conoscesse se stessa. Le pareti, i pavimenti, ogni angolo respirava una storia che non voleva lasciare andare.

Andrea non si fece vedere. Era sempre così, una presenza che svaniva nel momento del bisogno. Mara sentiva che la sua speranza si stava sgretolando come le vecchie tegole del tetto. Tuttavia, una sensazione di qualcosa di irrisolto la spingeva a non mollare. Forse, in qualche angolo nascosto della casa, c’era ancora una possibilità.

Mentre i visitatori curiosavano, Mara salì al piano superiore, dove il vecchio studio di Andrea si affacciava su una valle lontana. Lì, tra i libri polverosi e le fotografie ingiallite, trovò una lettera. Non era una lettera d’amore, ma qualcosa di più profondo, un messaggio di speranza nascosto in mezzo alla disperazione.

Andrea aveva scritto di volersi distaccare dalla sua famiglia, di voler vivere un nuovo capitolo della sua vita. Eppure, quel foglio che aveva scritto anni prima non parlava solo di separazione, ma anche di un legame che non si sarebbe mai spezzato.

Mara si sedette alla scrivania, la lettera in mano, sentendo finalmente una risposta. Quella casa non era solo un edificio. Era il simbolo di tutto ciò che avevano vissuto insieme. E, forse, la risposta non era nella vendita, ma nel cercare di ritrovare, in qualche modo, l’equilibrio perduto.

Quando scese, il gruppo di acquirenti se ne stava andando. Non c’era più nessuna fretta di chiudere l’affare. “Ho deciso di parlare con Andrea,” disse Mara alla suocera, con un tono che non ammetteva discussione. “La casa non la venderemo, almeno per ora.”

Elvira la guardò per un lungo istante, ma non disse una parola. Non c’era bisogno di parole in quel momento. La casa, forse, aveva ancora qualcosa da raccontare. E Mara non avrebbe lasciato che il vento della campagna se la portasse via troppo presto.

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