Tutti al Liceo Žukov sapevano chi fosse Sonya Kovaleva. La chiamavano “la figlia della donna delle pulizie” come fosse il suo nome completo. E tra le pareti marmoree dell’istituto più esclusivo di Mosca, dove l’ingresso costava quanto un’auto, non c’era posto per chi non poteva permettersi il proprio autista.
Sonya, però, era diversa. Arrivata grazie a una borsa per studenti superdotati, aveva i voti più alti dell’anno, ma questo non bastava per ottenere rispetto. La sua umiltà era vista come una colpa. Le sue scarpe senza marca, un affronto. E il fatto che sua madre, Nadezhda, lavorasse lì come custode, una vergogna da mettere in mostra.
Ogni giorno, Kirill Bronski — figlio di un oligarca petrolifero — si prendeva gioco di lei. “Ehi, Kovaleva, sei sicura di voler studiare medicina? Tanto tua madre sa già come pulire gli strumenti.”
Sonya non rispondeva mai. Non era rassegnazione, era strategia. Parlava poco, osservava molto. E aveva un piano.
La cerimonia di consegna dei diplomi era prevista per il 30 maggio. L’evento dell’anno: palco allestito nel giardino della scuola, catering da un ristorante stellato, giornalisti invitati.
Tutti gli studenti ricchi avevano prenotato limousine, auto sportive e truccatori professionisti. Tutti tranne Sonya. Eppure, quel giorno, qualcosa cambiò.
Alle 16:48, proprio mentre la madre di Kirill sistemava nervosamente il colletto del figlio per le foto, si udì il suono inconfondibile di pneumatici che scricchiolano su ghiaia.
Tutti si voltarono.
Davanti al cancello principale si era appena fermata una limousine nera con vetri oscurati e bandierine diplomatiche. Due uomini in completo nero scesero per aprire le portiere. Ne uscì… Sonya Kovaleva.
I flash delle fotocamere si accesero all’istante.
Indossava un abito elegante ma sobrio, un vestito lungo color ametista. I capelli, raccolti in uno chignon raffinato, le davano un’aria da attrice di vecchia Hollywood. Ma la cosa più straordinaria era l’uomo che la accompagnava: Igor Vassilievitch Sokolov, fondatore di “VIP-Motors”, seduto accanto a lei come se fossero parenti.
Il preside, balbettando, si fece avanti. “Kovaleva… ehm… che onore…”
Sonya sorrise con calma. “Posso entrare?”
Kirill era livido. “Ma… che… cosa ci fa tua madre qui dentro?” mormorò, indicando Nadezhda, che stava arrivando a piedi dalla portineria. Ma la vera domanda era: cosa ci faceva Sonya scendere da una limousine ufficiale con un milionario accanto?
Alla fine della cerimonia, Igor prese la parola. “Sono qui non solo come padre di uno studente, ma come imprenditore. Ho avuto la fortuna di conoscere Nadezhda Kovaleva anni fa. È la persona più onesta e laboriosa che io abbia mai conosciuto. Sua figlia Sonya è destinata a diventare una delle migliori scienziate del nostro Paese. E per questo, la mia azienda ha deciso di offrirle una borsa di studio completa per l’università, oltre a un tirocinio estivo nei nostri laboratori di ricerca in Germania.”
Silenzio.
Poi un applauso. Poi una standing ovation.
Kirill abbassò la testa.
Quella sera, Sonya si sedette accanto a sua madre nel salotto del loro piccolo appartamento.
“Mamma,” disse semplicemente, “ce l’abbiamo fatta.”
Nadezhda la guardò con gli occhi lucidi. “No, tu ce l’hai fatta, figlia mia. Io ti ho solo accompagnata alla fermata.”