Quando mio marito Luca mi propose di vivere separati per un mese, pensai che stesse scherzando.
“Solo un mese. Per capire cosa vogliamo davvero.”
Disse quelle parole con calma, come se stesse parlando del meteo o di un film da guardare.
Stavamo insieme da otto anni, sposati da cinque. Nessun tradimento, nessun litigio esplosivo. Solo… silenzi.
I pranzi insieme erano diventati scambi di monosillabi. Le sere, due ombre sul divano con due schermi diversi tra le mani. L’intimità? Un ricordo vago.
“Allora vuoi separarci?” chiesi.
“No. Voglio solo… respirare. Capire chi siamo, ancora.”
Mi ferì. Ma accettai. Lo feci per orgoglio, forse, o perché una parte di me voleva davvero lo stesso.
Luca si trasferì in un piccolo appartamento in affitto, non lontano. Ci mettemmo delle regole: nessun contatto, nessuna spia, nessuna nuova relazione. Trenta giorni. Poi ne avremmo parlato.
I primi giorni furono strani. La casa era silenziosa, ma in modo diverso. Cucinare solo per me sembrava un atto egoista e liberatorio al tempo stesso. Guardai film che lui odiava, ascoltai la musica a tutto volume. Dormii in diagonale. Ma la notte, a volte, mi giravo ancora verso il lato vuoto del letto.
Passarono i giorni. Cominciai a scrivere, come facevo anni fa. Ripresi a correre la mattina. Mi iscrissi a un corso di ceramica. Iniziai a sentirmi… viva. Intera.
Ogni giorno segnavo una X sul calendario. Arrivò il giorno 15, e mi sorpresi a pensare che stavo meglio. Non felice. Ma sveglia. Presente. Non solo “moglie di Luca”.
La sera del giorno 21 trovai una lettera nella cassetta delle lettere. Era sua.
“Mi manchi. Non in modo romantico. Mi manca la tua voce che riempie la cucina, il tuo modo di correggermi quando guido male, anche il tuo silenzio. Ma più di tutto… mi manchi perché sei la persona che più mi ha fatto crescere. E io non cresco da anni. Nemmeno con te. Forse nemmeno tu. Forse questa distanza ci sta dicendo qualcosa che non vogliamo ascoltare.”
Lessi la lettera tre volte. Non risposi.
Il giorno 30 arrivò. Ci incontrammo in un parco, su una panchina dove anni prima ci eravamo baciati sotto la pioggia. Luca era cambiato. O forse solo più sincero. Anch’io lo ero.
Parlammo a lungo. Nessuna accusa. Nessuna dichiarazione drammatica. Solo verità. Alla fine, dissi:
“Credo che il nostro amore sia stato vero. Ma ora è qualcosa di diverso. Non odio. Non indifferenza. Solo… fine.”