Nel piccolo villaggio di Vyselki, le giornate erano scandite dal suono del campanile e dal vociare del mercato. Tutti conoscevano tutti, e il tempo sembrava fermo, come le fotografie sbiadite sulle pareti delle vecchie case.
La signora Nina Pavlovna, una vedova di 78 anni, era conosciuta per il suo cuore d’oro e le sue abitudini immutabili: ogni giorno, dopo pranzo, andava a sedersi su una panchina vicino alla fermata dell’autobus, portando con sé un sacchetto di pane raffermo per i cani randagi e qualche spicciolo da dare a chi ne aveva bisogno.
Un pomeriggio, accadde qualcosa di insolito.
Un giovane alto, magro, con il viso segnato ma lo sguardo limpido, si avvicinò. Indossava una giacca troppo grande per lui e scarpe consunte. Le mani tremavano, ma non per il freddo.
“Signora… sa quando passa l’autobus per la città?”
Lei lo osservò per qualche secondo. Aveva qualcosa negli occhi: una tristezza profonda, ma anche una fame di vita.
“L’ultimo è passato mezz’ora fa, ma se vuoi domani ce n’è uno alle sei.”
Il ragazzo si voltò, sconsolato.
“Grazie comunque.”
Nina aprì la sua borsa e tirò fuori qualche banconota ben piegata.
“Tieni. Per il biglietto. E per un panino caldo. Non è molto.”
Il ragazzo scosse la testa.
“Non posso accettare.”
“Non è un regalo. È un investimento nella tua seconda possibilità.”
Lui la guardò, commosso.
“Mi chiamo Artëm,” sussurrò. “Sono appena uscito di prigione. Nessuno mi vuole. Ma… cercherò di meritarmelo.”
Lei gli sorrise e lo salutò, tornando alla sua panchina.
Il giorno dopo.
Era domenica. Nina aveva appena finito il pranzo e stava sparecchiando quando bussarono alla porta.
Tre uomini in abiti eleganti stavano davanti a lei. Dietro, una donna con un tailleur e un taccuino.
“Signora Nina Pavlovna?”
“Sì…?”
“Siamo della Fondazione per la Riabilitazione Sociale di Mosca. Abbiamo ricevuto una segnalazione ieri. Un certo Artëm Kabanov ci ha detto che senza di lei non avrebbe mai preso quel bus, né avrebbe avuto il coraggio di cercarci.”
Lei portò una mano alla bocca.
“Ha raccontato tutto di lei,” intervenne la donna. “E ha chiesto che venissimo personalmente a ringraziarla.”
Poi, da dietro i funzionari, spuntò proprio Artëm. Ma non più con abiti consunti. Indossava una camicia pulita, capelli pettinati, sguardo fermo.