In un piccolo appartamento di Tokyo, Yuki e Takeshi dormivano separati. Non perché fosse una scelta recente o dovuta a litigi, ma perché, nella loro cultura, quel gesto era quasi la normalità.
Yuki aveva 38 anni e lavorava come progettista grafica in una piccola agenzia di design. Takeshi, suo marito da ormai undici anni, era un avvocato che passava le sue giornate tra scartoffie e consulenze. La loro vita, apparentemente perfetta, si svolgeva in un delicato equilibrio fatto di impegni professionali, serate tranquille e un figlio, Kenji, che adoravano più di ogni altra cosa.
Ogni sera, dopo cena, si salutavano come se si fossero separati per un viaggio, si scambiavano qualche parola dolce, e poi si dirigevano verso le rispettive stanze.
— Buona notte, Yuki. Dormi bene. — le diceva sempre Takeshi, sorridendo.
— Dormi bene anche tu. — rispondeva Yuki con un sorriso che nascondeva un po’ di tristezza.
La separazione del sonno non era una novità per loro. Anzi, era stato uno dei punti di discussione durante il loro primo anno di matrimonio. Yuki si era accorta che, a dispetto di quanto lei amasse stare vicino a Takeshi, ogni volta che cercava di dormire nel loro letto matrimoniale, qualcosa non andava. Non era questione di litigi o di mancanza di intimità fisica; era qualcosa di più profondo, qualcosa legato alla loro storia culturale.
La ragione, per Yuki, risiedeva nel significato di “spazio personale” che il Giappone aveva preservato nel tempo. Una concezione che non riguardava solo le relazioni, ma anche l’educazione e la convivenza familiare.
Condividere un letto, secondo la tradizione giapponese, non era considerato sempre un segno di intimità, ma un atto che poteva portare a una perdita di spazio emotivo e psicologico. La coppia giapponese, in molti casi, conservava il “proprio spazio” per continuare a coltivare una forma di rispetto reciproco che non si traduceva solo in gesti esterni, ma anche in quello che ognuno aveva bisogno di mantenere per sé.
Il primo vero “scontro” su questa abitudine era avvenuto una notte, pochi mesi dopo il matrimonio. Yuki si era svegliata, si era girata e si era trovata in un letto vuoto. Non c’era più Takeshi al suo fianco. Pensa che fosse un problema, una crisi nel loro rapporto. Pensava che fosse qualcosa di sbagliato che Takeshi non volesse dormire con lei. Ma quando gli aveva chiesto, in tono preoccupato:
— Perché non dormiamo insieme? Non ci piace più stare vicini?
Takeshi le aveva risposto con calma:
— Non è che non ti voglio vicino. Ma il nostro spazio è importante. Anche se ci amiamo, dobbiamo avere il nostro momento di solitudine. Questo non significa che non ti amo. Al contrario, amo il nostro tempo insieme. Ma ognuno ha bisogno di respirare.
Quella risposta aveva colpito Yuki, che inizialmente non riusciva a comprenderla appieno. Tuttavia, nel corso degli anni, aveva cominciato a vedere la bellezza di quel rispetto profondo per la propria individualità.
Ogni sera, Yuki andava nella sua stanza, si tuffava nel suo letto singolo e si rifugiava tra le lenzuola fresche. Ci trovava la pace che le mancava durante il giorno, la possibilità di pensare, leggere, rilassarsi. Takeshi faceva lo stesso, nel suo angolo della casa. Il sonno separato non significava una separazione fisica o emotiva. Era, piuttosto, una forma di preservazione della propria identità dentro una relazione che, altrimenti, sarebbe stata soffocante.
Un giorno, mentre cenavano insieme, Yuki chiese a Takeshi:
— Sai, ho notato che siamo felici, nonostante dormiamo separati. Cosa pensi del nostro modo di vivere? Non ti manca qualcosa?
Takeshi sorrise, mettendo giù la bacchetta.
— Non ti manca? Io credo che questa distanza ci permetta di conoscerci meglio. Come un fiore che cresce nel proprio vaso. Se siamo troppo vicini, rischiamo di soffocarci, di non avere abbastanza spazio per crescere. Ma quando ci separiamo, possiamo riflettere, respirare, ed essere pronti a ritrovarci, rinnovati.
Yuki rimase in silenzio. Aveva sempre pensato che fosse strano, ma quella spiegazione, quel pensiero semplice e profondo, la fece riflettere sulla forza della loro unione. Non avevano bisogno di un letto condiviso per dimostrare il loro amore. Avevano bisogno di tempo per sé, per crescere insieme, ma senza perdersi.
E così, ogni sera, mentre il buio scendeva su Tokyo, Yuki e Takeshi si separavano nelle loro stanze, sapendo che la loro relazione era più forte proprio grazie a quella separazione. La distanza fisica, infatti, non faceva che avvicinarli nel cuore.
In Giappone, alcuni dicono che la coppia sposata dorma separata per mantenere l’armonia e la serenità nel matrimonio. Yuki e Takeshi sapevano che, a volte, il miglior modo per amarsi è rispettare l’individualità dell’altro, concedendosi lo spazio necessario per continuare a crescere insieme, pur rimanendo, in ogni momento, uniti.