— Perché lo fai? Perché proprio me? — sussurrò. – RiVero

— Perché lo fai? Perché proprio me? — sussurrò.

E poi… successe qualcosa di meraviglioso.
Una mattina, Denis si svegliò più tardi del solito. Aveva dimenticato di attivare la sveglia. Corse sotto la doccia, infilò la giacca al contrario, dimenticò la cravatta, e uscì di casa maledicendo il traffico, il freddo e la sua stessa esistenza.

Ma quella mattina, il cane non c’era.

Girò l’angolo, controllò dietro il lampione dove lo aspettava sempre. Nulla. Solo silenzio, vento e nebbia.

Inspiegabilmente, un fastidio lo punse. Si voltò più volte mentre camminava verso la stazione. Niente. Quel vuoto improvviso gli pesava più del cane stesso. Arrivò in ufficio con lo sguardo perso e la mente ancora lì, dietro quel lampione vuoto.

Il giorno dopo… niente ancora. Il terzo giorno, Denis cominciò a guardarsi attorno con ansia, come un uomo che ha perso qualcosa senza sapere bene cosa.

Fu il quarto giorno che la vide. Tremante, ferita, in un angolo del sottopasso vicino alla stazione, con una zampa piegata in modo innaturale. Qualcuno l’aveva colpita, forse un’auto. Denis si fermò, la guardò negli occhi. E quegli occhi — Dio, quegli occhi — non chiedevano aiuto. Guardavano con la stessa pazienza, la stessa calma con cui l’aveva seguita per settimane.

Lui si inginocchiò.
— Perché lo fai? Perché proprio me? — sussurrò.

La cagna lo fissò. Nessuna risposta. Solo quel silenzio pieno di cose mai dette. E allora, per la prima volta in anni, Denis si commosse. Gli occhi si riempirono di lacrime. Non per pietà verso di lei, ma per tutto il tempo che aveva passato ignorando quanto bisogno avesse lui stesso di essere seguito. Di essere visto.

Denis la prese in braccio — una cosa che non avrebbe mai pensato di fare — e la portò dal veterinario. Spese metà del suo stipendio per le cure. La chiamò Nera.

Da quel giorno, non fu più solo.

Nera non gli chiedeva nulla. Non voleva racconti, non pretendeva spiegazioni. Era solo lì. Presente. A casa, accanto alla porta. Sul divano, accucciata vicino a lui mentre guardava il telegiornale. Al mattino, sveglio prima della sveglia, uscivano insieme. Ma stavolta, non era più lui a essere seguito. Camminavano fianco a fianco. Come amici.

Quella che per mesi aveva creduto una scocciatura si rivelò la sua salvezza.

Quando Denis morì, qualche anno dopo, fu trovato sereno, con una foto di sua figlia sul comodino… e Nera ai suoi piedi. Silenziosa. Fedele.

Chi lo conobbe, racconta ancora oggi che l’uomo solo del quartiere aveva trovato qualcosa che nessuno gli aveva mai dato: una compagnia che non voleva nulla in cambio.

E un amore che, a volte, solo un cane sa dare.

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