Era una sera d’autunno, il cielo grigio e l’aria fresca facevano presagire il cambiamento delle stagioni. Marco, un bambino di dieci anni, si trovava davanti alla vecchia casa di famiglia, nella campagna isolata, lontana dal centro del paese. La sua mano piccola stringeva il ciondolo a forma di cuore che gli aveva lasciato il fratello gemello, Luca, quando era stato portato via troppo presto. Luca era morto due anni prima, durante un incidente stradale, e da quel giorno Marco non aveva mai smesso di sentirne la mancanza.
Quella sera, come accadeva di tanto in tanto, Marco decise di fare una visita speciale alla tomba del suo gemello, situata in cima alla Collina Nera. La collina, un piccolo promontorio boscoso che sovrastava la valle, era da sempre un luogo misterioso per il paese. Si diceva che di notte fosse popolata da spiriti inquieti, ma Marco non ci aveva mai creduto. Per lui, quella collina era solo il posto dove il suo fratellino giaceva, un luogo di ricordo e silenzio.
Senza dire nulla ai suoi genitori, il ragazzo indossò il suo cappotto, prese una lanterna dalla cucina e si incamminò verso la collina. La luna piena illuminava il sentiero stretto che si snodava tra gli alberi. Marco sentiva il respiro dei suoi passi e il vento che sussurrava tra le foglie. Ogni tanto, si fermava per ascoltare il crepitio delle fronde, ma non riusciva a scacciare la sensazione che qualcuno lo stesse osservando.
Arrivato in cima, trovò la tomba di Luca, coperta di muschio e fiori appassiti. Si inginocchiò davanti alla lapide, il cuore pesante. Con la mano tremante, posò il ciondolo a forma di cuore sulla pietra. “Ti ricordo, Luca. Spero tu stia bene”, sussurrò, come ogni volta che veniva lì a parlargli.
All’improvviso, un rumore improvviso lo fece sobbalzare. Non proveniva dai boschi né dalle ombre della notte, ma dalla tomba stessa. Un lieve battito, un sussurro, che si alzava piano dal terreno. Marco si alzò in piedi, il cuore batteva forte. In quel momento, sentì una voce, bassa e familiare, chiamarlo per nome.
“Marco…”
Il ragazzo si girò di scatto. Nella luce della lanterna, vide una figura sfocata e trasparente, come se fosse fatta di nebbia. Sembrava proprio Luca, ma qualcosa non andava. La figura era più pallida, più sfuggente.
“Sei tu?” Marco chiese, la voce tremante.
“Non dovresti essere qui”, rispose la figura, con una voce che suonava diversa, più lontana, ma comunque riconoscibile.
“Ma ti ho portato qualcosa”, disse Marco, indicando il ciondolo. “Ho pensato che… avresti voluto vederlo.”
La figura si fece più vicina, ma senza mai toccare il suolo. “Non c’è più niente da vedere. Non posso tornare.”
“Perché?” chiese Marco, quasi senza fiato.
“Perché non è il mio posto”, rispose la figura, con un tono che sembrava misurato, ma triste. “Ti ho sempre voluto bene, Marco, ma io sono solo un’ombra ora. Tu devi andare via prima che… prima che sia troppo tardi.”
Marco, confuso e spaventato, fece un passo indietro, ma la figura non si mosse. La lanterna tremò nella sua mano. “Cosa vuoi dire, Luca? Perché… perché non torni con me?”
La figura sorrise, ma il sorriso era vuoto, come se fosse solo un ricordo di qualcosa che non esisteva più. “Non posso. Non ancora. Ma tu… tu dovrai andare via prima che la nebbia prenda tutto.”
Le parole della figura diventarono sempre più lontane, mentre un vento gelido cominciava a soffiare dalla collina, facendo oscillare gli alberi. Marco guardò la tomba di Luca, poi la figura, e infine, con il cuore in gola, cominciò a correre giù per il sentiero. Il vento lo accecava, e la nebbia si stava facendo più fitta, come se volesse inghiottirlo. Si girò una sola volta e vide la figura di Luca dissolversi nella nebbia, come se non fosse mai esistita.
Raggiunse finalmente la casa, le gambe tremanti. Alle 23:00, come promesso, la madre si affacciò alla porta e lo vide rientrare, con gli occhi colmi di paura. “Dove sei stato, Marco? Perché sei così pallido?”
“Ho visto Luca”, rispose solo il ragazzo, la voce debole, come se stesse raccontando un sogno che non riusciva a spiegare.
La madre lo guardò per un attimo, poi si chinò su di lui, posandogli una mano sulla fronte. “Luca non può tornare, Marco. Ma tu sei qui. E devi restare con noi.”
Marco annuì, ma qualcosa dentro di lui sapeva che quella notte, nella nebbia della Collina Nera, non aveva solo visto il suo gemello. Aveva visto qualcosa di più oscuro, qualcosa che avrebbe portato con sé per sempre.