La nostra figlia Clara era al terzo anno di università quando cominciò a parlarci di lui. Non con troppi dettagli, ma abbastanza da farci capire che si trattava di qualcosa di serio. Io e mio marito, Michele, eravamo felici: Clara era sempre stata riservata, una ragazza concentrata sui suoi studi, e vederla così radiosa ci scaldava il cuore.
— “Si chiama Elia,” ci disse un pomeriggio, mentre sorseggiava un tè in cucina, “e credo proprio che sia la persona giusta.”
Naturalmente, volevamo conoscerlo. Lo chiedevamo con discrezione, evitando pressioni, ma la sua risposta era sempre la stessa:
— “Non è il momento giusto. Lui lavora molto… è complicato.”
Il tempo passava e la nostra curiosità cresceva. Erano passati quasi dieci mesi da quando ci aveva parlato per la prima volta di lui, e nessun incontro si era mai concretizzato. Michele cominciò a insospettirsi.
— “E se nascondesse qualcosa?” mormorava la sera, mentre leggeva il giornale sul divano. “Perché non ce lo presenta?”
Una domenica sera, Clara si decise.
— “Martedì ceniamo tutti insieme. Elia verrà.”
Il cuore mi batté forte. Preparammo tutto con cura: la tavola elegante, il brasato che piace tanto a Clara, una torta alle nocciole fatta in casa. Quando il campanello suonò, corsi ad aprire con un sorriso pronto… ma bastò uno sguardo a Michele per capire che qualcosa non andava.
Si era irrigidito. Il viso pallido, le mani tremanti. Guardava l’uomo sulla soglia come se avesse visto un fantasma.
Elia era un uomo distinto, elegante, con un sorriso sincero e un modo di fare garbato. Ma c’era qualcosa di strano nel modo in cui Michele lo fissava, un misto di stupore e rabbia repressa.
A tavola, Elia parlò poco. Clara cercava di mettere tutti a proprio agio, ma mio marito non disse quasi una parola. Finito il dolce, si alzò di scatto e disse:
— “Ti accompagno alla macchina.”
Clara si irrigidì.
— “Papà…”
Ma Michele era già sulla porta. Li seguii, non vista, mentre uscivano nel vialetto.
Li sentii litigare, sottovoce ma con parole che tagliavano l’aria come coltelli.
— “Tu. Sei tu. Il fratello di Laura.”
Un silenzio glaciale. Poi Elia rispose:
— “Sì, Michele. Ma non sapevo che Clara fosse tua figlia. L’ho scoperto solo dopo, e ormai… ormai la amavo già.”
— “E tu pensi che io possa accettare che mia figlia stia con il fratello della donna che mi ha distrutto la vita?”
Mi bloccai. Laura. La prima fidanzata di Michele. L’unico grande amore prima di me. Aveva rotto con lui in modo traumatico, anni prima che ci conoscessimo, lasciandolo con un tradimento profondo e mai veramente dimenticato. Non ne parlava quasi mai, ma io sapevo che quella ferita non si era mai chiusa del tutto.
— “Elia,” disse Michele a denti stretti, “non sarai mai mio genero. Non metterò mai piede al vostro matrimonio.”
Tornai in casa in silenzio. Quella notte non riuscimmo a dormire.
I giorni seguenti furono un inferno. Clara era distrutta. Aveva capito tutto. Aveva scoperto chi fosse Elia solo di recente, ma per lei non cambiava nulla. L’amava, e basta.
— “Non posso scegliere tra voi due,” mi disse in lacrime. “Ma non rinuncerò a lui.”
E Michele? Si chiuse in sé stesso. Non parlava più con Clara, evitava perfino di guardarmi.
Io sono qui, in mezzo, divisa tra il passato che ritorna e il futuro che mia figlia desidera costruire.
So solo questo: se non troviamo un modo per superare l’orgoglio e il dolore, rischiamo di perdere entrambi.