Un pomeriggio, mentre l’aria odorava di foglie marce e castagne arrostite, una bambina gli si avvicinò. – RiVero

Un pomeriggio, mentre l’aria odorava di foglie marce e castagne arrostite, una bambina gli si avvicinò.

Nel cuore di un quartiere residenziale appena fuori Torino, tra viali silenziosi e alberi ormai spogli, abitava il signor Guido Fabbri, ex falegname e vedovo da sei anni.

Dopo la morte della moglie, aveva vissuto con il figlio Marco, la nuora Chiara e il nipotino Leo, in quella che un tempo era stata la casa di famiglia. La sua presenza lì non era mai stata messa in discussione. Fino a quel giorno.

Era iniziato tutto con piccole frasi, dette con gentilezza velenosa.
«Magari potresti passare un po’ più di tempo fuori, papà…»
«Sai, Leo si distrae troppo quando sei in giro…»
«Forse è il momento per te di pensare a uno spazio tuo, davvero tuo.»

All’inizio Guido aveva fatto finta di non capire. Aveva sempre cercato di non essere di peso. Si occupava del giardino, portava Leo a scuola, cucinava persino quando Chiara faceva tardi. Ma la tensione era diventata opprimente. E una sera, dopo un acceso litigio tra Marco e sua moglie, era arrivata la frase definitiva:
«Papà, per favore. Forse è meglio se te ne vai per un po’. Solo finché le cose si calmano.»

Guido non aveva risposto. Aveva preparato una valigia, infilato alcune foto e il libro che stava leggendo, e aveva lasciato la casa senza una parola.

Passò la notte in una pensione anonima vicino alla stazione. Poi cominciò a frequentare ogni giorno lo stesso parco, poco lontano dal fiume. Si sedeva sulla stessa panchina, guardava la gente passare, e ogni tanto scriveva sul suo taccuino consumato. C’era rabbia dentro di lui, sì, ma soprattutto una tristezza silenziosa, che si aggrappava al cuore come un’infiltrazione d’umidità.

Un pomeriggio, mentre l’aria odorava di foglie marce e castagne arrostite, una bambina gli si avvicinò.
«Hai delle caramelle?» chiese con tono serio, da piccola esploratrice urbana.

Guido rise, la prima vera risata da giorni.
«No, ma ho una matita e so fare il ritratto di una principessa. Ti basta?»
La bambina si illuminò e si sedette accanto a lui.

Poco dopo, una donna si avvicinò, correndo trafelata.
«Emma! Ti avevo detto di non allontanarti!»
Guido si alzò, con un sorriso disarmante.
«Tutto a posto, signora. Abbiamo solo chiacchierato un po’.»

La donna esitò. Poi vide il disegno sul taccuino: una principessa goffa ma sorridente, con il nome “Emma” scritto sotto.
«Be’, a quanto pare le piaci. Non capita spesso.»
Si presentarono. Lei si chiamava Francesca, illustratrice freelance, madre single, vedova anche lei. Tornò il giorno dopo. E quello dopo ancora.

Cominciarono a portarsi il caffè l’uno all’altra. A parlare del passato. Dei figli. Dei sogni non realizzati. Della solitudine. Guido non le raccontò subito perché era lì, su quella panchina. Ma un giorno lo fece, con voce calma, senza rancore. Francesca non disse niente. Gli offrì una brioche fatta in casa.

Un sabato mattina, mentre i due sedevano assieme al sole tiepido d’inverno, Guido alzò gli occhi e vide una figura nota in lontananza. Era Marco. Lo riconobbe subito. Il passo nervoso. Il cappotto stropicciato. E gli occhi bassi, pieni di qualcosa che Guido non sapeva ancora interpretare.

Il figlio si avvicinò lentamente, come se ogni passo fosse un atto di coraggio.

«Papà…»

Silenzio.

«Ho fatto un errore. Un grosso errore. Leo chiede di te ogni giorno. Non riesco a guardarlo in faccia.»

Guido lo fissò a lungo. Poi si voltò verso Francesca, come per cercare conferma che tutto questo stava davvero accadendo. Lei annuì, impercettibile.

«Non è solo Leo a chiedermi, vero?» disse Guido, con voce piana.

Marco scosse la testa. «No. Anch’io.»

Un lungo silenzio. Poi Guido si alzò, raccolse il taccuino, salutò Francesca con uno sguardo.
«Vieni a casa,» disse Marco, trattenendo il respiro.

«A una condizione,» replicò Guido. «Questa panchina… resta mia. Ci torno ogni volta che ho bisogno di ricordarmi chi sono.»

Francesca rise piano. «E io ti terrò il posto.»

Marco si mise a camminare accanto al padre, con passi piccoli ma pieni di intenzione.

Il parco rimase alle loro spalle, ma qualcosa, quella mattina, era cambiato. Per sempre.

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Un pomeriggio, mentre l’aria odorava di foglie marce e castagne arrostite, una bambina gli si avvicinò.
Il bambino che riposava tra le sue braccia piangeva dolcemente