Quando Lara entrò per la prima volta nel vecchio mercatino dell’antiquariato fuori città, cercava solo una cornice per una vecchia foto di famiglia. Non immaginava certo che sarebbe uscita da lì con un oggetto misterioso in mano e il cuore in subbuglio.
Tra gli scaffali impolverati, qualcosa attirò la sua attenzione: un oggetto di legno lucido, dalla forma ovale, che assomigliava vagamente a un manubrio ma con un’apertura al centro. Lo sollevò incuriosita, notando come la mano vi si inserisse perfettamente. Era comodo da stringere, con una presa centrale che sembrava fatta apposta per la sua mano. Sembrava un attrezzo da palestra di altri tempi.
«A cosa serviva questo?» chiese al venditore, un uomo anziano con la barba lunga e gli occhi vivaci.
Lui la guardò con un’espressione strana. «Ah, quello… è una cosa che non vedo da anni. È un silenziatore per oratori. Lo usavano a teatro, nelle scuole… persino in certi istituti religiosi. Si infilava in bocca agli allievi più loquaci per insegnare il silenzio.»
Lara trasalì. «Cosa?»
«Eh sì. È scolpito per seguire la forma della bocca. La persona lo afferrava con i denti e lo teneva stretto. Doveva restare in silenzio mentre stringeva il manico con la mano per controllare il respiro. Un oggetto pedagogico… o punitivo, dipende dai punti di vista.»
All’improvviso quell’oggetto non sembrava più così innocuo. Il calore del legno, la sua forma levigata, la cura artigianale… tutto assumeva un tono inquietante. Lara lo posò lentamente, riflettendo su quanti bambini, studenti o attori in prova potessero averlo stretto tra i denti, nel tentativo di reprimere la propria voce.
Uscì dal negozio a mani vuote ma con una storia in più nella testa. E una nuova consapevolezza: certe cose, per quanto belle da vedere, portano dentro un silenzio molto più pesante del legno di cui sono fatte.